Parliamoci chiaro: non avesse il nome di una birra io non mi sognerei nemmeno lontanamente di guardare la Amstel Gold Race, mi farei semplicemente distrarre da mare e bikini dei tropici senza farmi incantare dai mulini a vento. Ma tant'è che quest'anno ho deciso di voler ricominciare a guardare un po' di ciclismo fatto bene e soprattutto cominciare a capire quanto la promessa di Peter Sagan sia reale o se si risolverà semplicemente in una toccata di culo. E che culo!
Parlavamo dell'Amstel quindi, una gara che non ha il minimo interesse sportivo, costruita com'è su un biliardo e animata solamente da un po' di polvere sotto il tappeto. Quest'anno si decide poi di allontanare l'arrivo dai due avvallamenti più interessanti ed ecco che la cosa più divertente sembra la sorsata di schiumante nettare color oro sul podio.
Il pranzo sul tracciato piatto
Il tracciato piatto, abilmente camuffato nelle altimetrie, fa il suo corso: fuga della primissima ora spinta dal miracolato Vansummeren e rincorsa da un gruppetto male assortito che raggiunge anche una dozzina di minuti con un gruppo che sembra essere invitato a un brunch di panini e barrette.Nel bel mezzo di uno di questi banchetti capita la cosa più interessante dei primi duecento chilometri: qualcuno si distrae genera una caduta che somiglia al classico scherzo della sedia fatto ad una cena di gala dove la sventurata vittima si trascina appresso la tovaglia con tutti i vassoi conditi. Stessa cosa capita a Gilbert sorpreso con panino in mano e il sorcio in bocca e sbattuto per terra insieme a gente del calibro di Rui Costa e Andy Schleck (nota al minore dei fratelli minchia: inutile che ti metti in faccia quell'espressione da cane bastonato. Qua il Libro Cuore ci fa cacare quasi quanto tuo fratello Frank).
Alla testa del Peloton vedere per terra il favorito non pare vero, così Lars Boom comincia a tirare come un Weimaraner alla ricerca di una cagnetta in calore spaccando il gruppo e lasciando indietro non solamente il belga iridato ma addirittura anche il manomortista slovacco.
Ma tutto si ricompone facilmente e per trovare un'altra emozione bisogna aspettare un'altra caduta, quella che vede protagonista Purito Rodriguez tornato per spaccare il mondo ma capace solamente di sguazzare nel fango. Risultato? Ginocchio per terra e gara finita.
Il veleno sta nella coda
Scatti e controscattini con l'avanguardia che si scioglie mantenendo compatti inizialmente Vansummerend, Pliuschin e Astarloza lasciando poi solamente quest'ultimo ad inseguire la chimera della pinta dorata.Al penultimo Cauberg Marco Marcato decide di forzare la mano con un attacco al quale si accodano anche Roman Kreuziger e Giampaolo Caruso, tutti e tre all'inseguimento di qualche pellegrino che sul Keutenberg aveva cercato acqua e libagioni più che ricchezza e dobloni.
I quattro avvallamenti successivi smuovono un po' le fila e poco prima dell'ultimo Cauberg Roman il veronese stacca tutti lasciando l'allegro gruppetto a dissetarsi.
La salita mondiale vede il Ceco con trenta secondi di vantaggio sugli inseguitori mentre il gruppo pare ne abbia abbastanza di prendere in giro la sciolta Cannondale e fa iniziare la sua gara.
L'ultimo Cauberg vede la promessa stagionata in solitaria mentre Gilbert ripete l'impresa di qualche mese fa: si stacca tutti dalla ruota ma dietro stavolta Valverde e Gerrans lo mantengono bene nel mirino.
La gara è segnata: Kreuziger taglia il traguardo smascellante e a braccia alzate mentre dietro Gilbert si fa riprendere da Valverde e Gerrans.
Grande Roman finalmente riesci a vincere qualcosa di importante.
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