Alla fine l'analisi che non ti aspetti, quella che ti lascia a bocca aperta, quella che non ti permette di aggiungere neanche un po' di sale perché ha il gusto perfetto del fegatello di maiale innaffiato da grappa di vinaccia, la fa un corridore. Quello con la tutina fosforescente che fino a pochi minuti prima sgomitava fra Degenkolb e Freire dà dimostrazione di intelligenza e senso tattico davanti ai microfoni Rai (no comment): "ha vinto Gerrans perché Nibali e Cancellara hanno sbagliato tutto: Nibali è andato in una fuga disperata non permettendo a Sagan di vincere, mentre Cancellara ha steso il tappeto rosso all'Australiano". Bravo Pippo Pozzato: in due parole hai spiegato l'epilogo una Corsa risoltasi negli ultimi cinque chilometri, ma che ha tessuto la sua tela con tante storie parallele.
La Milano-Sanremo al chilometro zero vedeva subito una fuga. Più pittoresca che altro vista la presenza del primo corridore cinese che abbia mai partecipato alla classicissima Cheng Ji. Il corridore, omonimo di un famosissimo disegnatore di giardini dell'era Ming, si staccava quasi subito, giusto il tempo di far parlare di sé telecronisti e giornali online con titoli che sfioravano il ridicolo (Gazzetta: Un cinese e altri 6 in fuga).
La vera notizia della prima parte di gara, però, era quella della cotta del favoritissimo Mark Cavendish. Il campione del mondo inglese si staccava paonazzo sulla salita delle Manie. Sono state proprio le Manie a canzonare la giovane palla di cannone, che scoppiava su un cavalcavia rimangiandosi tutte le sua Manie di grandezza (questa era facile ndr). La corsa, vedendo il favorito di giornata pedalare sulla pece infiammata, si accendeva con la Quickstep-di-Boonen e BMC-di-nessuno a cavalcare ventre a terra costringendo gli sventurati compagni di squadra del roscio beone a fare i 70 all'ora per far recuperare la loro punta di diamante. La rincorsa della Sky durava poco ma la BMC non vedeva l'ora di arrivare a Sanremo e quando Philippe Gilbert si allungava a fare due domande ai suoi battistrada Quinziato gli rispondeva "Cazzo vuoi Philippe? Devo andare a Sanremo che mi devo prendere l'aperitivo con Arisa!", lasciando a dir poco basito il panciuto campione belga, che per il disappunto sarebbe caduto da lì a pochi chilometri.
A quel punto la corsa filava tranquilla, ai sessanta all'ora, fra la caduta del povero Quintero, e un saluto con la manina alla telecamera del rilassatissimo Tom Nasino Egiziano Boonen.
Ma la puzza di azione avventata si cominciava già a sentire, come nella cucina di una nonna più attenta a spolverare il servizio buono che a girare il ragù della domenica, quando l'ottimo Agnoli rischiava di tamponare Gianni Morandi per cominciare in testa la salita della Cipressa. La puzza in questione accendeva poi le fontane antincendio quando sull'ultima salita, quella del Poggio, sempre lo stesso Agnoli spingeva a tutta lanciando finalmente lo scatto del Gattino Ammaestrato Nibali. Spesso però, quando nella cucina si palesa tutto questo fumo, la portata principale a tavola non ci arriverà mai e il micio rimarrà intossicherà. Il gatto infatti sarà anche furbo ma quando si mette davanti alla locomotiva è inevitabile che venga spazzato via. Cancellara in tre pedalate raggiungeva Nibali e Gerrans e li portava a tutta velocità verso il traguardo con forza cieca di baleno, chiedendogli il cambio di tanto in tanto ma ricevendo risa e scherno da parte dei due clandestini.
Sul traguardo il destino di Spartacus è quello di essere battuto dal passeggero senza biglietto Gerrans che nel succhiare la ruota dello svizzero si guadagnava un posto in prima classe. In tutto ciò Vincenzino l'allocco gongolava per non aver dato la possibilità al suo giovane compagno di squadra Sagan di giocarsi lo sprint.
Questa era la cronaca, per l'analisi potete rivolgervi al buon Pippo Pozzato.
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