domenica 23 settembre 2012

La frustata di Gilbert



Perché il più forte di tutti non è mai uno che si fa notare.

Chi riempie le proprie pietanze di spezie, le amalgama lanciando il cibo per aria o le ubriaca di vino, lo fa perché non è sicuro del suo piatto forte. Il vero campione sa essere equilibrato, dosare gli ingredienti, stupire tifosi ed avversari con un'unica portata. Il campione in questione non ha bisogno di nessuna dimostrazione.
Certo il mondiale non era mai stata, fino ad oggi, la sua corsa, ma uno che ha nella sua casa di Verviers più trofei che bottiglie di birra sicuramente non ha la fregola di scattare ad ogni cavalcavia. Basta uno scatto, uno sguardo e il gioco si conclude con brindisi, maglia iridata e due baci dalle Miss.

Una corsa strana
Sulle strade dell’Amstel sembra che gli Olandesi vogliano fare un sol boccone dei propri ospiti: tra scatti e controscatti la macchia arancione si allunga e si accorcia alla testa del gruppo. Nella prima vera fuga però non si trova neanche un tulipano: c’è solo qualche luogotenente che tiene d'occhio la situazione per il proprio alto papavero. È il caso di Lastras, mandato a far legna per lo squadrone spagnolo e Cataldo volano sulla racchetta di Capitan Vincenzo Nibali. La corsa si snocciola tranquilla tranquilla nella campagna olandese, tra mulini a vento e villette dal perfetto prato all’inglese che pare rasato con le forbicine da unghie dei piedi. A far alzare la voce dei telecronisti solo una caduta senza conseguenze per il favorito Freire e la faccia paonazza del campione del mondo uscente Cannonball Cavendish che tira, senza motivo, il gruppo degli inseguitori al ritmo di una Seat Marbella.
Quando la corsa raggiunge il circuito i corridori assaggiano quegli strappi che saranno decisivi per la corsa: il Bemelerberg, poco più di un falsopiano, e il temutissimo Caueberg che acquista temibilità ad ogni giro, come la grappa in un addio al celibato.
Fra una sosta idraulica ed una chiacchiera con Arashiro, si arriva al terzo Caueberg dove Contador dà una pacca sulla spalla a Flecha che tira uno scatto interessante portandosi dietro una ventina di corridori fra cui un paio di bocche da fuoco: Faccia di Gomma Voeckler ed il Pistolero di Madrid.

Le fughe e il fugone
Si forma così un gruppo di cacciatori di taglie che ha come obiettivo canaglia quello di andare a recuperare sulla testa della corsa e come scopo reale quello di sfiancare il battaglione Belga. L'unico battaglione a disunirsi, però, è quello inglese che si sgrana come un rosario nel Corpus Domini. Così Sciacquatura di Liquidator Cavendish, You&Me Froome e FredPerry Wiggins si fermano uno dietro l'altro al pub a rinfrescarsi come dopo una bella passeggiata in Camden Town. Per lo squadrone inglese l’obiettivo di quest’anno si chiamava Londra e al mondiale era evidentemente più importante far vedere le maglie Sky che correre con un briciolo di sale in zucca.
Nello sfracelo albionico la corsa continua con due gruppetti davanti e gli italiani a fare bella mostra di sé in coda alle fughe, Contador a mangiare che neanche a ferragosto a Praia a Mare e qualche belga a far finta di tirare il Peloton. Quando i due gruppetti si fanno supergruppo, però, altre nazionali capiscono che è ora di fare un po' di fiato: Olandesi, Tedeschi e Australiani danno man forte alla Squadra delle Cozze che non aspettava altro. Gli italiani nel fugone, in quattro, lasciano tutto il lavoro a Flecha e all’ammiraglio di Vockler lasciando spazio al recupero del gruppo come se in squadra ci fosse qualcuno in grado di fare la differenza sull’ultimo strappo. Sfugge forse ai corridori italiani il particolare che Bettini (era davvero un arrivo per lui) è sull’ammiraglia e non in corsa. In pochi giri l’aggancio riesce e la squadra belga comincia davvero a fare paura, anche solo a guardare Gianni Meeresman che, col fiatone, riceve delle pacche sulle spalle da Naso di Coccio Boonen e per poco non è sbalzato direttamente sull'ammiraglia.

L’ultimo giro
Ai primi posti si fanno vedere le maglie azzure, fra tutte quella di Capitan Vincenzo Nibali aka Eugenio Volpini, che decide bene di scattare nel falsopiano dopo il Bemelerberg.
Quando ci si avvicina all'ultimo Caueberg tutti sanno già come potrebbe andare la storia: o Philippe Gilbert scatterà al secondo metro o Van Avermaet non farà andar via nessuno tirando la volata a Naso Egiziano Boonen. Insomma, qualsiasi cosa succeda bisogna stare alla ruota di questi due per non vedere l’iride illuminare Bruxelles. Capitan Volpini non è di questa idea, così prima mette alla frusta il suo pedone Moreno Moser, poi decide di lanciare lo scatto al favorito numero uno per poi schiattare.
Al buon Filippo non pare il vero di avere cotanta fionda così saluta la compagnia e lascia Valverde a guardarsi in faccia con Edvald Boasson Hagen.
La gara è segnata: a Gilbert gli onori, a Valverde le maledizioni di Flecha ("Ti morisse il gatto. Cazzo ti ho dato fiducia e tu fai il pirla?"), le lamentele di Freire (“I miei compagni di squadra se ne sono fottuti di me”) e a Nibali i complimenti del suo neopatron Vinoukurov ("Giro e Tour? Ma chi Capitan Volpini? Ma non fatemi ridere: piuttosto che fargli fare il capitano della mia squadra mi rimetto a correre io, col femore rotto!").

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